Voci aliene
Viaggio di un uomo trans del xx secolo nell’estetica degli evirati cantori
DOI:
https://doi.org/10.13131/2611-657X.whatever.v1i1.7Keywords:
baroque music, castrati, transgenderism, history of music, music and gender studiesAbstract
Per volontà di Sisto V, alla fine del cinquecento, fu proibito alle donne in tutto le Stato Pontificio di esibirsi nei teatri e di cantare durante le funzioni liturgiche. Per quasi tre secoli la scena bel cantistica italiana fu dominata quindi dagli evirati cantori, uomini cisgender che venivano castrati prima della muta della voce, in modo da mantenere la loro capacità di cantare nel registro acuto, sopperendo alla mancanza delle donne sui palcoscenici e nelle chiese. Sebbene in questa pratica non ci fosse la volontà di creare un terzo sesso, il grandissimo successo di questi cantanti, oltre che alle indubbie capacità vocali, era fortemente legato al perturbamento di genere che provocavano nel pubblico. In questo lavoro mi prefiggo, attraverso il mio particolare sguardo di uomo transessuale, attivista, studioso e cantante per diletto del repertorio barocco, di far emergere i punti di convergenza tra la fruizione della voce e dei corpi dei cantori con quelli delle persone transessuali del nostro tempo e di riflettere su alcune questioni di genere in musica, basandomi anche sulla questione di chi si ritiene oggi l’erede di questi artisti quasi mitologici.
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